1.6 Strategie contro il precariato, per il futuro dell’Università
Investimenti sulle figure meno stabili nella vita della ricerca, con una programmazione chiara, trasparente e partecipataIl precariato nella ricerca non può essere accettato come una condizione inevitabile. Le politiche nazionali degli ultimi decenni hanno prolungato il periodo del c.d. pre-ruolo, moltiplicando le forme contrattuali con tutele deboli e retribuzioni basse, scoraggiando giovani talenti e compromettendo la qualità della ricerca e il benessere di chi la produce. A UniTo, oltre duemila persone lavorano come personale non strutturato, contribuendo in modo fondamentale all’attività scientifica e didattica dell’Ateneo, ma senza i diritti dei colleghi strutturati.
Come Rettrice, rifiuto l’idea che nulla possa essere fatto a livello locale. UniTo deve mandare un messaggio chiaro: precarizzare l’università significa indebolirla. Serve una presa di posizione forte all’interno della CRUI e un’azione decisa a livello locale. Ciò significa adottare un nuovo metodo condiviso e trasparente nell’uso dei punti organico destinati alle strategie di Ateneo. Proporrò di destinare la maggior parte di tale quota ad investimenti sulle figure meno stabili nella vita della ricerca, con una cabina di regia che guidi un monitoraggio puntuale e una programmazione pluriennale chiara, trasparente e partecipata.
È inoltre necessario preservare e potenziare le risorse che venivano un tempo destinate agli assegni di ricerca, pur sapendo che le stesse saranno insufficienti per sostenere adeguatamente i nuovi contratti previsti dalla riforma. Servirà parallelamente attrarre anche maggiori finanziamenti esterni, valorizzare il cofinanziamento dei Dipartimenti e promuovere attivazioni congiunte. Il rischio che il precariato diventi la regola del lavoro di ricerca va affrontato e contrastato con urgenza, sia per tutelare le persone sia per assicurare un futuro sostenibile alla ricerca pubblica.